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Limpida e pulita. Se ne va così Mike, l’ultima voce dei Cantori di Carpino

Mike Maccarone

Bermuda la ginocchio, camicia fasciata a mezze maniche e occhiali da sole al petto. Lo immaginiamo cosi nel suo ultimo viaggio, come l’esibizione scelta per ricordarlo. Con le braccia batte il tempo e solleva pugni per alzare il ritmo. E alla fine, ringrazia per gli applausi: “Mi sento giovane”, dice sul palco, circondato da giovani. Quei ragazzi che negli ultimi anni della sua vita hanno condiviso con lui, oltre a un progetto musicale, la vita. I viaggi, le nottate, il palco, la stanchezza e la gioia.
Ora per Mike Maccarone e il tempo dell’ultimo saluto. Perché anche se si sentiva giovane, aveva 97 anni. L’ultimo cantore di Carpino se ne va, battuto da quella bronchite asmatica che per tutta la vita ha segnato il corso delle sue scelte. Nato il 18 luglio del 1925, Michele cantava ancora, dopo una vita passata amantenere, diffondere e conservare lo spirito festoso che lo ha sempre contraddistinto. Il suo motto era stare allegri e fare festa, nonostante la sua non sia sempre stata una vita facile. Per anni pastore, a pascolare e a cantare fino al periodo milanese, quando si traferisce al nord, dove è operaio prima, in una fabbrica di plastica, impiegato dopo, insieme al fratello Antonio, in uno spaccio di generi alimentari nella città del Duomo. E lui portava la Puglia anche li, la sua terra, insieme all’altro storico cantore carpinese, che era proprio suo fratello Antonio. Poi quella brutta polmonite e l’aria del nord, grigia e sporca, che aveva fatto peggiorare la sua salute, fino alla decisione di ritornare in paese. Il ritorno, porta con sé il ritrovato amore per il canto e per le tradizioni popolari. Ormai non cantava da tempo, ma quelle parole memorizzata durante l’attività di pastorizia, mai hanno lasciato mente e cuore. Quella tradizione orale, che rispecchia in pieno la caratteristica dei cantore, in lui trova manifestazione piena. E Mike ha saputo e voluto traferire questo patrimonio ai giovani. Gli stessi che cantano e ballano insieme a lui. Con cui per due anni ha condiviso gran parte della sua vita. Sono i ragazzi di Malicanti. Lui ha trasferito a loro il suo sapere, loro lo hanno portato fuori da Carpino, dal Salento alla Calabria, fino ai palchi di tutta Italia. “All’inizio era restio a salire sul palco, aveva un sentimento di timidezza e imbarazzo. Aveva vergogna, diceva lui. Ma poi la gioia di condividere, di fare festa, e stare insieme è stata più forte”. Il ricordo di Pio Gravina, che con lui ha condiviso questo progetto, è intimo e di gioia, nonostante la perdita. “I canti e suoni della tradizione. Il progetto era questo. Traferire tutto questo sapere per non perderlo con la scomparsa degli ultimi cantori. E Mike è stato protagonista assoluto. Dopo la morte di suo fratello ha vinto anche le resistenze iniziali e si è dedicato a questo progetto, come se sentisse di avere una responsabilità verso questa tradizione. Il suo approccio con il pubblico, poi, era bellissimo. Diretto, semplice e forte. Ela sua è rimasta fino alla fine, fino alla vecchiaia, una delle voci più belle di Carpino”. Una voce che resiste al tempo, limpida, pulita, d’impatto. Come lui. “Era un uomo forte, dal carattere dominante. E spesso, soprattutto nei viaggi, ci sorprendeva per la sua grande resistenza fisica. Sul palco poi era un trascinatore. Si portava dietro numerosi fan che lo seguivano nei vari concerti e lui di questo era davvero molto orgoglioso. Era un vanto per lui. Un uomo allegro, festoso, un trascinatore”. Un trascinatore al punto che nel giorno del suo compleanno, da quando aveva compiuto 85 anni, veniva organizzata una festa-evento. Un catalizzatore, di varie generazioni, che manteneva viva la magia del Carpino Folk Festival. “la sua voglia di far festa, di incontrarsi e stare insieme è stata il motore dietro cui ci siamo mossi per tantissimi eventi e momenti. E grazie al lavoro dell’associazione, il Carpino Folk Festival, il progetto Voci e canti della tradizione di Carpino, è stato possibile non perdere questa magia”.
Una magia che non deve dissolversi anche ora che sono venuti meno i cantori storici. “E’ stata una campagna importante di ricerca – spiega Luciano Castelluccia – che ha portato i ragazzi a incontrare e censire tutti i cantori, non solo quelli più famosi di Carpino e di raccogliere tanto materiale di casa in casa, ascoltando e memorizzando tantissima parte di questo patrimonio”. Anche per lui la figura di Mike lascerà un grande vuoto e tanti ricordi bellissimi. “Eravamo andati alla Notte della Taranta. Stanchissimi.
Si era fatto tardi quella sera. Eravamo andati a letto all’alba. Verso le sette me lo ritrovo davanti, mentre ancora dormivo. Lui brandiva un giornale. Lo aveva piegato e lo usava per svegliarmi. Lo batteva fra i miei piedi, per convincermi ad alzarmi che dovevamo rientrare, perché era la festa di San Rocco e lui voleva tornare a casa in tempo per preparare il ragù e mangiare con tutta la famiglia e poi doveva andare alla Processione. Questi valori. La presenza, la festa del Santo Patrono, la famiglia che mangia insieme. E non c’era stanchezza che poteva fermarlo”. E allora non stancarti Mike, neanche per l’ultimo tuo viaggio. E vai, vola sorridendo e cantando.

TOMMI GUERRIERI su l’Attacco del 12/01/2022

MUSICA POPOLARE LA TRADIZIONE GARGANICA COME UN ELEMENTO IDENTITARIO
Il genius loci con melodia
Mike Maccarone per noi era un informatore. È la definizione di Luciano Castelluccia, storico direttore artistico del Carpino Folk Festival, tra i fondatori dell’omonima associazione che a partire dal 1996 tradusse l’antica tradizione dei Cantori in un vero e proprio brand artisticoculturale. Un evento catalizzatore in grado di dare riconoscibilità a un territorio attraverso la sua musica popolare, quella che cantavano i pastori, gli allevatori, i potatori di ulivi di un entroterra garganico aspro ma non per questo meno affascinante della sua frangia costiera. «Si cantava per sopportare meglio la fatica – spiega Castelluccia –, per alleggerire il lavoro manuale, come faceva anche Mike da giovane, intonando quei canti che si tramandavano di generazione in generazione».
Ed è qui che entrano in scena gli “informatori”, i depositari della memoria autentica che, oralmente, hanno da sempre l’incarico di tramandare il canto, proprio come l’ultimo pezzo di storia della musica popolare del Gargano scomparso lo scorso 10 gennaio. Ultimo ad andarsene e a lasciare, di fatto, un buco storico, tanto da domandarsi cosa ne sarà, adesso e in futuro, dei Cantori di Carpino.
«La tradizione continua – ha risposto in merito Castelluccia – perché c’è un gruppo che ha conservato il nome dei Cantori di Carpino, ad oggi composto da una formazione più giovane e rappresentata da colui che può essere definito l’erede: Nicola Gentile». Tammorra e voce, con i suoi settant’anni è attualmente il più anziano dell’ensemble odierna, forte della sua lunga esperienza al seguito dei tre storici cantori Sacco, Maccarone e Piccininno – a quest’ultimo fu dedicato nel 2016 “Chi sona e canta no nmore maje”, terzo disco prodotto dall’associazione culturale Carpino Folk Festival in cui, tra i protagonisti e interpreti, c’era proprio Gentile.
«Ma è importante sottolineare che la tradizione carpinese si sta conservando perché negli anni il lavoro dell’associazione e degli stessi abitanti di Carpino non si è limitato solo all’evento di massa – spiega ancora Luciano Castelluccia – indirizzandosi anche verso una ricerca culturale, sonora e testuale». Circa vent’anni sul campo, dunque, etnograficamente parlando, con l’obiettivo di fornire alle nuove generazioni un punto di vista storico, per non dire scientifico: interviste, aneddoti, saperi che sono stati acquisiti dalle voci autentiche dei cantori. «Abbiamo un’antropologia importante trasmessa oralmente – continua Castelluccia – e Mike Maccarone faceva parte di quella classe di età che ci permetteva di approfondire e non commettere errori». Un ponte tracciato per quei ventenni che già da qualche anno assaporano il fascino dei canti, menando a memoria testi e giri di tammorra, sentendoseli propri, poiché «li vedono come un momento di aggregazione da tirare fuori durante le festicciole, non senza un certo orgoglio».
Una luce, dunque, per i cantori di domani.

IL RICORDO FU PROTAGONISTA INSIEME AD ANDREA SACCO, ANTONIO PICCININNO E ANTONIO MACCARONE

«Farfone» è muto
Il blues del Sud pure

L’ultimo. L’ultimo di una generazione antica, depositaria della tradizione musicale garganica. L’ultimo dei “vecchi” Cantori di Carpino.
È Mike Maccarone, detto “Fàrfonë”, cantatore spentosi a novantasei anni lo scorso 10 gennaio, a Carpino, dove mai, sennò?
Con lui se ne parte la primavera, si potrebbe dire, rubando al grande De André una carezza espressiva in grado di rendere giustizia a quello che può essere considerato, con paradosso retorico, il quarto cantore dello storico trio carpinese.
Andrea Sacco, Antonio Piccininno e Antonio Maccarone: loro sono i primi, infatti, gli iniziatori, coloro i quali hanno riportato in auge l’antica tarantella garganica entrando, a partire dagli anni ’50, nelle registrazioni di etnomusicologi italiani e stranieri – su tutti l’americano Alan Lomax, colui che “rese” blues la musica tradizionale del sud Italia. A cavallo tra gli anni ’90 e la fine del secolo scorso poi, grazie all’associazione Carpino Folk Festival, l’esplosione: concerti, incisioni, festival, collaborazioni con artisti. Davanti, i succitati tre “frontman” ottuagenari e dietro le quinte, senza mai salire sul palco, Mike, fratello minore del più famoso Antonio Maccarone.
«Non si è mai voluto esibire – racconta Pio Gravina, musicista e autore, con Enrico Noviello, dell ’irrinunciabile libro-cd “Canti e suoni della tradizione di Carpino”–ma era un cantore a tutti gli effetti, proprio come l’intera famiglia Maccarone, dove cantavano tutti, dal padre fino all’ultimo dei fratelli. Negli ultimi anni poi, è venuto fuori».
Una carriera artistica che comincia a ottantacinque anni, trent’anni dopo il suo rientro a Carpino, con un’altra vita da operaio a Milano, lui come suo fratello Antonio, nati pastori.
Dal 2010 anche Mike comincia a salire sul palco, a diffondere la rodianella, la viestesana e la montanara: i tre stili carpinesi dell’ormai istituzionale musica popolare del Gargano. «Negli ultimi anni ha preso parte a tanti concerti –racconta ancora Gravina – compresa la Notte della Taranta, cantando con il gruppo dei Malicanti. Si è esibito in Salento, a Roma, a Milano… “L’avessi fatto prima, saremmo andati in giro per il mondo”: è ciò che ripeteva».

ALESSANDRO GALANO 13 GENNAIO 2022 L’EDICOLA DEL SUD

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