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La corsa al bellicismo dell'Unione Europea ricorda i tempi bui dello stragismo italiano

Dobbiamo fare la guerra per poi fare la pace, al Governo dobbiamo vendergli i morti". Questa è la frase che Totò Riina disse durante un summit di mafia tenutosi nei primi mesi del 1992 nelle campagne di Enna. In quell'occasione il Capo dei capi dettò la strategia stragista con cui Cosa nostra di lì a poco avrebbe contrastato lo Stato. Fu un bagno di sangue. Una delle pagine più buie della storia della nostra repubblica.
A distanza di poco più di 30 anni, la stessa politica viene intrapresa dalla democratica e pacifica Europa. Un altro contesto, certamente: una cosa è il terrorismo eversivo, ben altra, invece, è il conflitto russo-ucraino. Eppure, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nei giorni scorsi non ha usato giri di parole: “Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra”. E così l'Ue, in vista del vertice europeo che si terrà domani e venerdì, ha deciso di adottare una linea simile a quella "stragista" adottata in passato da Cosa nostra. Una politica che, come fu per l'Italia nel biennio '92-'93, provocherà morti innocenti. Avvicinando il mondo ad un potenziale terzo conflitto mondiale di tipo nucleare.
I Paesi Ue devono essere “pronti a difendersi”, producendo più munizioni e spendendo di più per la difesa, e soprattutto bisogna prepararsi “all’economia di guerra”, si legge nell'ordine del giorno dell'incontro di domani.
E Michel non è il solo a sostenere questa linea. Assieme a lui anche Ursula von der Leyen secondo cui “servono più armi, dobbiamo produrne come fatto con i vaccini” al tempo del Covid-19.
Dall’inizio della guerra l’industria europea della Difesa ha aumentato del 50% la sua capacità di produzione ed entro la fine del 2025 raddoppierà la produzione europea di munizioni, portandola a oltre 2 milioni di pezzi. Ma, per il presidente del Consiglio europeo, è ancora poco: “Quest’anno, la Russia dovrebbe spendere il 6% del Pil per la difesa, mentre l’Ue continua a spendere in media meno del 2% del Pil previsto dall’obiettivo della Nato”, così per Michel “dobbiamo rafforzare la nostra prontezza alla difesa”.
A due anni dall’inizio della guerra è ormai chiaro che la Russia non si fermerà in Ucraina, così come non si è fermata 10 anni fa in Crimea”, ha sottolineato il presidente Ue ribadendo che “la Russia rappresenta una seria minaccia militare per il nostro continente europeo e per la sicurezza globale”. “Se la risposta dell’Unione Europea non sarà adeguata e se non forniamo all’Ucraina sostegno sufficiente per fermare la Russia, saremo i prossimi - ha aggiunto Michel -. Non possiamo più contare sugli altri o essere in balia dei cicli elettorali negli Stati Uniti o altrove. Dobbiamo rafforzare la nostra capacità, sia per l’Ucraina che per l’Europa, di difendere il mondo democratico”. “Dobbiamo essere pronti a difenderci e passare a una modalità di ‘economia di guerra’. È giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra propria sicurezza - ha detto -. Un’Europa più forte contribuirà anche a rafforzare l’alleanza Nato e potenzierà la nostra difesa collettiva”.
Parole sconcertanti che, appunto, in Italia furono dette da un boss stragista come Totò Riina. Eppure, il nostro governo sembra non battere ciglio rispetto alla linea intrapresa dall'Ue. Anzi, come ha detto la premier Giorgia Meloni nelle scorse settimane, commentando le vicine votazioni europee: "C'ho l'elmetto, sono pronta a tutto". Lo stupore viene meno quando si apprende che l'Italia è uno dei 13 Paesi che hanno firmato una lettera inviata al presidente del Consiglio europeo (così come alla presidenza belga dell’Ue e alla Bei) in cui viene chiesto alla Banca europea degli investimenti di finanziare investimenti per la difesa.
Chissà cosa direbbe oggi Gino Strada, lui che in vita ha visto l'orrore della guerra e gli effetti del cinismo delle classi dirigenti che "fanno la guerra per fare la pace". La definiva "la vergogna dell'umanità". E difendeva a tutti i costi il ripudio della guerra come "un valore sacro e uno dei pilastri portanti della nostra Repubblica". "Ripudiare la guerra significa eliminarla dalle nostre coscienze - diceva -, ma anche rifiutarsi di entrare in vecchi e nuovi conflitti, liberare il nostro Paese dalle servitù militari, uscire da ogni alleanza militare, ridurre drasticamente la produzione e l’esportazione di armi, ridurre i costi delle forze armate riconvertendoli in uso civile e sociale”.

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

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