La recensione: a Borgomaro l’enosteria Etta

ENOSTERIA ETTA – Piazza Cascione 6 – BORGOMARO (IM)

Guareschi scrisse  che in una osteria un giovanotto mangiò e bevve a randa e soltanto alla grappa finale rivelò di non poter pagare il conto: seicentodieci lire. L’oste Ganassa incredulo, andò su tutte le furie, ma l’avventore gli propose: “Sentite, io non so cosa darvi, ma se accettate posso farvi una cantata.” “Volete pagarmi con una cantata!?! ” ghignò Ganassa? – “Quand’ero in prigionia, un tedesco per una cantata mi ha dato un paio di zoccoli, del pane e una sigaretta.” Ganassa rimase per un istante perplesso ma poi rispose sarcastico: “Avanti…, poi vedremo!” – Il giovanotto “attaccò qualcosa di Verdi e continuò poi con una voce che non gli pareva neppure la sua; negli acuti il fiato che non trovava nei polmoni lo cacciava fuori dal cuore. “L’oste era lì, coi gomiti sul banco, il testone stretto fra le mani pelose che non tirava neanche il fiato. A cantata finita il giovanotto si mosse e si avviò verso la porta. Ganassa aprì il cassetto e depose sul marmo trecentonovanta lire dicendo con molto garbo. “Signore, prenda il resto di mille lire”. Il giovanotto si volse incantato da quel gesto e sorridendo rispose: “Resto mancia”. – “Grazie, signore” rispose Ganassa contento, perché non aveva mai ricevuto una mancia così generosa.

Ricordando questo antico brano, mi chiedo se oggi sarebbe ancora possibile la bellezza e la leggiadria di un simile episodio e mi domando se da qualche parte esista ancora l’ambiente e lo spirito  della vera osteria; dove, oltre al cibo, semplice, genuino, tradizionale e anche abbondante ovviamente , si trova anche un trattamento familiare e spontaneo capace di metter in moto dei sentimenti …  

Beh, in Liguria, Etta Lavagna e Fabrizio Durante, pur reduci dal successo di sette mezzodì televisivi su Rai1 (durante i quali hanno portato in palmo di mano la cucina ligure), non si sono affatto montati la testa e, insieme ai figli MATTIA e NICOLO’, nati e cresciuti anch’essi impregnandosi dei profumi del cibo nella loro ex osteria di Lucinasco, accolgono a braccia e cuore entrambi aperti, sulla piazzetta della chiesa di Borgomaro. Dove hanno rimesso all’onor del giorno questa vera osteria moderna, ma senza tirarsela affatto; due salette, una con lampade e atmosfera un po’ attapirata e quasi romantica per chi vuol star tranquillo, al contrario l’altra, ricavata davanti alla cucina a vista, con illuminazione a giorno e clienti festanti del tutto rilassati.          

Ho chiesto funghi ma sorprendentemente non c’erano, nonostante un momento di stagione favorevole, ma la lista cibi elenca comunque una cucina ben radicata in terra ligure: Battuta di Fassona Piemontese, porcini, uovo e Gorgonzola (€ 14) – Acciughe marinate alla Ligure (€ 12) – Vitello con salsa tonnata (€ 13) –  Brandacujun con terra di olive Taggiasche (€ 14) – Trofie, acciughe, crema di burrata e briciole di pane tostato (€ 15) – Gnocchetti di patate e pesto fresco (€ 14) – Tagliatelle con Ragù “au tuccu” di funghi (€ 15) – Faraona disossata all’arancia (€ 18) – Tagliata di tonno con chutney di pomodori e cipolla (€ 18) – DOLCI: Stroscia, oppure pesche amaretto – oppure Tortino ricotta pere e cioccolato, oppure Delizia al limone. Coperto € 2 – Caffè € 1,5 Per una cena completa si spende sui 45-50 euro più bevande.

A proposito di VINI: sono una ventina e, a richiesta, ne mescono anche a bicchiere qualcuno, di etichetta variabile a seconda delle disponibilità del giorno. Penso che, stante il nome di “eno”steria, l’assortimento verrà presto arricchito.

Concludendo: è una testimonianza della cucina popolare ligure più autentica, che si avvale più di prodotti dell’orto e della campagna, piuttosto che del pescato (cibo da ricchi). In un ambiente funzionale con tavoli a vista apparecchiati con l’indispensabile e tovaglioli in carta (ma con eleganti bicchieri a calice da degustazione). A volte il simpatico e cangiante vociare del locale sfora un po’ con i decibel, ma anche questo fa parte dell’insieme pittoresco che accetta chi vuol  assolutamente “fare il tagliando” e resettarsi ogni tanto con usi, costumi e piatti di cucina seria, fianco a fianco con i molti, anche stranieri, che qui si scialano coniugando al presente il verbo mangiare. Senza essere infarloccati da troppe “musse” (smancerie) nel servizio, che pure è e resta rigorosamente attento e gentile. Attenzione, in bassa stagione non sono sempre aperti nei feriali, perciò è prudente prenotare sempre.